Byblos Art Hotel Villa Amistà.
Un luogo ideale dove l’arte si sposa con la funzione dell’accoglienza e dell’ospitalità di un hotel di prima categoria.
La villa edificata in stile veneziano dall’architetto Michele Sanmicheli e restaurata nel 1700 dal conte Ignazio Pellegrini, era da tempo abbandonata. Nei primi anni del terzo Millennio un nuovo aristocratico dell’economia se ne innamorò: Dino Facchini, veronese doc, inventore del denim fashion con il marchio Swinger.
Il progetto Byblos Art Hotel Villa Amistà ha preso comunque corpo dopo l’incontro con l’architetto Alessandro Mendini fautore dell’architettura degli interni dell’hotel, del ristorante, del centro benessere e della trasformazione dell’immagine di molti mobili tradizionali. Nel corso del lavoro, Mendini ha dato la sua impronta al salone d’ingresso, alla cantina, ai negozietti, al ristorante. Mendini ha coniugato il classico con il moderno facendosi aiutare da una nutrita schiera di artisti contemporanei internazionali.
Gli ambienti, non solo le camere, sono nati spesso da una partecipazione attiva degli artisti. Per esempio il Peter’s Bar è stato creato sullo stile dell’artista americano Peter Halley . Gli accurati restauri fisiologici in ambito architettonico pittorico e decorativo hanno compreso oltre al corpo centrale e più monumentale dell’edificio anche i due torrioni, la chiesetta consacrata dedicata a San Rocco e le case dei contadini. Il parco oltre ventimila metri quadrati progettato da Gianfranco Paghera, presenta varie e suggestive prospettive, un paradiso terrestre da poter godere con l’olfatto, la vista e il tatto durante tutto l’anno; lo completano suggestive fontane e una piscina per gli ospiti.
Il centro benessere Espace Byblos è stato concepito come un tipico ambiente pompeiano per i colori, l’atmosfera e i decori. L’hotel è dotato di un ristorante gourmet: Atelier, aperto anche al pubblico esterno dove troneggia un giovane quanto bravo chef padovano: Giorgio Schiffereggher; il Peter’s bar dedicato all’artista americano Peter Halley, propone cocktails, aperitivi e long drinks accompagnati da melodie musicali. All’interno oltre al grande salone illuminato da uno splendido e colorato lampadario veneziano realizzato per questa suggestiva location, e agli ambienti comuni caratterizzati da importanti soffitti e affreschi, sono state ricavate due sale congressi e una suggestiva cantina sotterranea contraddistinta da una volta originale del Quattrocento, adibita alla degustazione di ben 500 etichette di vini.
Sessanta stanze e suite, di varie caratteristiche e misure, sono state ricavate all’interno del complesso, tra queste una suite presidenziale e alcune suite artistiche allestite con mobilio eseguito su disegno, che si presentano come sorprendenti Wunderkannern. L’arredamento dell’albergo è basato su una formula che vede convergere fra loro tre generi figurativi: la rielaborazione e il disegno degli arredi, delle stoffe e dei tendaggi in stile, con particolare attenzione al sistema dei colori; l’introduzione ovunque di mobili, lampade e famosi oggetti di design selezionati accuratamente in modo da costruire una vera e propria collezione; infine la presenza non solo nelle zone comuni, ma anche nelle stanze di una raffinata collezione di arte contemporanea, frutto dell’amore per l’arte dei proprietari.
Villa Amistà costruzione di origine classica è una pinacoteca di arte contemporanea dove viene custodita una parte della collezione di Dino Facchini che accoglie l’ospite fin dalla scalinata che porta al piano nobile e poi lo circonda, lo assedia, gli toglie il fiato in una sarabanda di sensazioni infinite. L’immenso lampadario policromo di Murano Ca’ Rezzonico delle hall campeggia sulle gigantografie di nudi che hanno sostituito i tipici affreschi sulle pareti delle ville classiche venete. I pavimenti originali in seminato veneziano con sedie, poltrone, divani “da circo” per le forme e i colori sgargianti.
Atmosfera calma e posata di una villa che si presenta nel cortile all’entrata con un olmo vecchio di 600 anni con un altro di fronte di soli 400 anni, con le pazzie dell’arte contemporanea, caratterizzata comunque da certe provocazioni come il tizio in rosa appeso nel vuoto realizzato in chewingum, per poi scendere lentamente fino al cuore della villa respirando un’armonia e un equilibrio che ci si aspetta di provare in un monastero orientale. Ci si rende conto di essere al centro di una sorta di mantra tibetano, in quelle splendide opere policrome realizzate con la sabbia e dissolte al vento appena concluse. In quest’albergo in definitiva sono state assemblate tra loro parti anche contraddittorie al fine di ottenere ambienti con una carica emotiva per permettere di estraniarsi dalla durezza del reale.